Nella mente di un malato presidente

 

Quando penso a Donald Trump immagino un prestigiatore, uomo di spettacolo e di teatro di bassa levatura. 

L’ex presidente degli Stati Uniti fa sparire la realtà, se la “rimangia”, la inghiotte, come fosse una “pallina digeribile”. Senz’altro abile, riesce a deformare, alterare quel che prima sembrava chiaro, netto, dichiarato.  Ho rispolverato una vecchia poesia, che avevo scritto per un’illusionista pretendente, ma che, a pensarci bene, potrebbe descrivere a dovere anche l’ex presidente :

 

Prestigiatore senza palle

Pensavo fossi un uomo, pensavo fossi tu

Saltimbanco dagli occhi grigi

ridi delle mie illusioni

Cappellaio matto, tiri fuori dal cilindro

il coniglio che sei tu

 

 

La notizia sulle violenze di Washington e sull'assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori pro Trump mi hanno fatto ripensare al chiaro disturbo di personalità, che questo pericoloso fenomeno da baraccone nasconde, forse, nemmeno troppo bene. Uomo dalle molte contraddizioni, basti pensare alla battaglia all’immigrazione ed alla sua storia personale. Penso ad esempio alla madre, “immigrata povera dalla Scozia, Mary Anne MacLeod, nata a Stornoway, decima e ultima figlia di un pescatore e arrivata a New York in nave con 50 dollari in borsetta per inseguire il sogno americano […] o torna alla mente l’atteggiamento megalomanico, aggressivo che, secondo la biografa Gwenda Blair, maschera un’insicurezza profonda in parte imputabile al fatto che qualunque cosa facesse, il padre non fosse mai soddisfatto di lui.[1]

Le ipotesi psicologiche sull’infanzia risultano rischiose perché si dovrebbe avere maggiore dettaglio della sua storia personale,  conoscerlo approfonditamente. 

Il Trump odierno, tuttavia, utilizza massicce difese di negazione e proiezione. Nella proiezione la persona attribuisce ad altri propri aspetti o vissuti negativi. Trump allontana continuamente da sé qualità, sentimenti di cui rifiuta ogni coinvolgimento personale. Le componenti narcisistiche sono evidenti, un narcisismo che Otto kenberg definirebbe maligno, per via dell’assenza di rimorso per fatti gravi,  la convinzione di essere sempre sotto attacco, la violenza verbale nei tweet e nei rapporti con le persone[2]

La negazione, inoltre, determina una compromissione dell'esame di realtà, fino al completo diniego del dato di fatto conflittuale o intollerabile.

Chiara Buoncristiani ci ricorda che: “ll presidente-che-ha-avuto-il-Covid mette in campo una sua revisione del negazionismo. Costretto ad ammettere che il virus esiste, fa leva sul bisogno di sapere che è facile da gestire. Anzi meglio, sul bisogno degli americani di credere che gli Stati Uniti lo stiano gestendo “meglio di tutti”. Negando che gli Usa abbiano una proporzione di contagi e morti più alta di altri paesi, minimizza il problema, anzi ne fa una bandiera: “I medici sono i migliori del mondo””.

La forza della negazione psichica è stato lo strumento elettorale più potente nella corsa di Trump alla Casa Bianca ed è un buon segno che abbia fallito! 

Quanto scrivo non è di certo per essere indulgenti con l’ex presidente americano, ma per togliere il velo di Maya all’illusione, per non restare succubi della realtà distorta che spesso ci viene proposta.

  

 

 



[1] https://www.corriere.it/esteri/16_ottobre_16/chioma-arancione-grandi-ambizioni-chi-era-mary-madre-trump-b13e39b4-93ba-11e6-b6f7-636834b27d39.shtml

[2] https://www.linkiesta.it/2020/10/trump-psicologia-america-narcisismo-maligno/

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