“Amabili resti"

 






Il week end appena trascorso ho fatto un breve viaggio in una grande città, con i dispositivi di sicurezza, senza varcare la regione ed ho cercato di disinnescare la paura del presente. La sensazione oggi è che la vita sia potenzialmente esplosiva, tic toc l’artiglieria. Io l’orologio lo tengo nel taschino,  un bianconiglio senza corsa, son lenta, lo sguardo scruta e sente, ma “eppur mi muovo!”

Consapevole del rischio nel procedere, son  spaventata tuttavia dall’immobilità totale; è comunque pena, segno distintivo di precoce morte esser mummia imbalsamata!

Nonostante fossi vicino a casa, ho dormito fuori porta, ho pranzato in un ristorante con pochi coperti, a distanza, in una amorevole veranda, vicino a dei resti romani, che mi ricordan l’importanza dell’avere memoria e conoscenza. 

Il bisogno è quello di essere attenti, ma non paralizzati. I traumi congelano ed io  non voglio correre il rischio di rimanere fredda troppo a lungo. Mi misuro allora la temperatura e mi auguro di essere ancora viva. Mi lavo le mani, mi provo la febbre e compro un vinile, risento il profumo dei  dischi che girano e piroetto. Volteggio, mi lavo le mani, mi provo la febbre, prendo ferma un caffè americano, una brioches siciliana che sa di nostalgia asciutta, di muri a secco, di terra rossa,  faccio colazione vicino all’acqua che lava via i pensieri ad orologeria ed il petto è più ampio, il respiro si allarga e il diaframma danza.

La cautela serve per non essere avventati ed ammalati, ma credo sia utile anche recuperare scorci di vita ed angoli di esperienza. Ed allora ho osservato i palazzi monumentali, che paterni, con le loro spalle grandi, rassicurano. La loro esperienza costruita negli anni mi avvolge,  terrazzi-foreste sui grattacieli raccontano della possibilità di idee verdi.

Mi auguro che  il governo italiano sia in grado di essere padre e decidere, di essere madre e divenire contenitore del possibile, che sappia tracciare i confini con prevedibilità arguta per un destino futuro. Oggi ho raccontato di un’esperienza leggera, di bellezze concepibili, perché qualche volta ho bisogno di indossare una gonna di tulle, di stare sulle punte e chiedo venia, tuttavia, una parte di me rimane ancorata, pesante e pensante, collegata alla comunità,  ai molti lavoratori che non possono continuamente vivere in corsa, senza prospettiva e tregua, senza bussola. Spero che  vengano date in tempo le comunicazioni perché possano orchestrare la loro attività, perché il lavoro è un diritto, è possibilità di scegliere.


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