Al cinema ... finalmente

 


Sono tornata al cinema. Rifskin’s festival è stato il mio battesimo.

 

Woody Allen, con i suoi 85 anni di età, non mi ha delusa. 

 

Non ricordavo il tempo di uscire dal cinema con una così bella sensazione, una commistione di felicità e appagamento.

 

Sarà perché il periodo pandemico ha messo maggiormente in contatto con le proprie nevrosi ed Allen è maestro nel raccontare con sottile ironia le proprie inquietudini esistenziali che fanno spesso magistralmente eco a quelle del suo pubblico. Gli amori irrisolti, le paure della malattia e della morte, la psicoanalisi ed il cinema  fanno da cornice alla storia.

 

Mort Rifnik (Wallace Shaw), ex insegnante di cinema, amante dei grandi classici europei, è alle prese con la stesura del suo primo romanzo perennemente incompiuto, accompagna sua moglie Sue (Gina Gershon) al festival del cinema di San Sebastien, dove la donna è la responsabile dell’ufficio stampa di un giovane ed acclamato regista,  Phillipp (Louis Garrel) .

 

La complicità tra i due mette in crisi Mort ed il suo matrimonio e porta il protagonista a domande sulla propria esistenza, poste con la nota ironia disillusa del regista.

 

In sogno i padri del cinema europeo: Bergman, Fellini, Buñuel, Truffaut sembrano aiutare il protagonista a costruire pensieri, l’incontro con una dottoressa (Elena Anaya), la cui fantasia sembra curare corpo e spirito. 

 

Non sono temi nuovi per Allen quelli di suo cinquantesimo film, ma si percepisce l’evoluzione del regista, come artista e come uomo, l’atmosfera è crepuscolare, non solo per la comparsa Christoph Waltz nei panni della morte, ma per l’interloquire del protagonista con essa: ottiene consigli per procrastinarne la visita.



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