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Lavoro l’incompiuto.
Ruvido lo stendo e lo batto sul tavolaccio di legno.
Ho mani umide per l’ignoto che modella.
Canto per ingannare l’impazienza, l’attesa ha una voce profonda e dentro alla gola l’urlo.
Nel silenzio son liquida ed esiste il cielo che si spinge oltre le nubi.
Tendo il filo per i miei passi incerti.
È così che immagino


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